Secondo il Ministero del Lavoro e delle Attività Sociali, nei primi nove mesi del 2022 quasi 1.700.000 lavoratori si sono dimessi.
“Great Resignation” è un fenomeno che è stato così battezzato dal consulente del lavoro americano, nonché scrittore, Derek Thomson.
Il primo studio sulla fuga dalle aziende di molti lavoratori con alte professionalità fu prodotto da Andrew Ross nel 2011.
Già nel 2018 uno studio della società di ricerca Gallup svolto negli Stati Uniti, evidenziava l’insoddisfazione del 70% dei lavoratori per la propria attività.
A risultati analoghi è giunta la società di ricerca Randstad. In un proprio studio pubblicato nel 2019 il dato di lavoratori insoddisfatti arrivava alla misura del 60%. Inoltre, un 41% degli intervistati dichiarava di essere pronto a lasciare il proprio lavoro entro l’anno.
Basse retribuzioni, mancanza di obiettivi di carriera e di crescita professionale, scarsa flessibilità degli orari, mancanza di formazione. Queste alcune delle cause più frequenti che portano tanti giovani, ma non solo, a presentare le dimissioni. A volte senza paracadute, ovvero senza una prospettiva di altro contratto.
La pandemia e lo smart working conseguente hanno dato una spinta ulteriore all’uscita dalle aziende con la classica organizzazione del lavoro. La riflessione su priorità, carriera ed obiettivi di lavoro hanno indotto molti giovani, ma non solo, a cambiare la propria idea di futuro. E’ così che molte alte professionalità nel settore informatico, ingegneristico, sanitario, ma anche del turismo hanno provato a mettersi in proprio, o cambiare totalmente tipologia di lavoro.
Il fenomeno ha interessato pure addetti ai lavori più “umili”, in questo caso soprattutto per scarsa retribuzione.
Le aziende dovranno correre ai ripari. Si sta modificando il paradigma del mercato del lavoro; la carenza di offerte dalle aziende faceva fare la voce grossa agli imprenditori su retribuzioni, orari e produttività ma adesso le aziende dovranno diventare più appetibili per i propri addetti, proponendo formazione, flessibilità organizzativa per orari e mansioni ed anche retribuzioni adeguate.
Negli Stati Uniti molte aziende propongono la formazione per la crescita professionale, la flessibilità di orari e la mobilità di mansioni.
Il sindacato dovrebbe assistere i lavoratori che vogliono chiudere col passato lavorativo a cercare nuove soluzioni e dare la necessaria consulenza.