A fine settembre la Uilca Sicilia ha chiesto ai bancari isolani alcune riflessioni sullo smart working, così impropriamente chiamato poiché con pochi elementi di affinità con quello concepito dalla legge 81 del 2017 oltre che con quello descritto nel nuovo Contratto Nazionale del Lavoro del Credito di dicembre 2019.

Una modalità di lavoro da remoto regolamentata dai DPCM e dai protocolli tra le OO.SS. e l’ABI per contenere la trasmissione dei contagi nel corso di questo periodo di emergenza sanitaria che non sarà facilmente dimenticato.

Le affinità con la modalità di lavoro agile descritto nelle norme si riducono al fatto che si lavora da casa e che si usano risorse proprie come l’energia elettrica, la climatizzazione, le connessioni in rete casalinghe oltre all’arredo (a volte scomodo e dannoso) e spesso strumenti personali come pc, monitor, mouse, etc.

Inoltre, va segnalata, come qualche intervistato ha fatto, la carenza di strumenti di produzione professionali (stampanti, scanner, fax e apparati telefonici adeguati) per potere agevolare la produzione dei risultati richiesti.

Tra le differenze più marcate elenchiamo la frequente mancanza di volontarietà di rimanere a casa, la mancanza del diritto di disconnessione, il numero massimo di giorni mensili (10 in quello normato, tutti i giorni o ogni volta che serve, in quello emergenziale), la mancanza di formazione dei responsabili/coordinatori che si traduce in una malcelata insofferenza per la gestione di risorse da remoto e spesso nell’ incapacità di valutare il lavoro del subalterno senza poterlo vedere in presenza, la durata dei giorni in lavorazione a distanza.

Inoltre, i lavoratori da remoto, perdono i contatti con i colleghi, con i responsabili ed anche la possibilità di avere le necessarie tutele sindacali.

In tutto questo, dalle risposte ricevute, si evince come le aziende abbiano trovato, probabilmente, un ristoro economico in questa esigenza poiché hanno negato lo smart working emergenziale soltanto al 6% circa degli interessati possibilmente per motivi di ruolo o funzione.

L’indagine è stata effettuata fornendo un questionario editabile in posta elettronica.

Di contro hanno registrato un beneficio/risparmio il 63% circa degli intervistati e la stessa percentuale rappresenta chi ha denunciato disagi nella gestione del lavoro da casa.

La ricezione di qualche centinaio di questi questionari compilati con le risposte ad una decina di domande oltre a quelle caratterizzanti (fascia di età, genere, ruolo, inquadramento) dà un aspetto ben definito alla sensibilità dei partecipanti all’indagine.

Hai riscontrato benefici in termini economici? (carburante, parcheggio, etc.)
Hai riscontrato disagi? (spazi insufficienti, mancanza di concentrazione, peggioramento dei rapporti familiari, etc.)


Tra chi ha comunicato la fascia d’età d’appartenenza, hanno risposto molti dipendenti tra i 50 ed i 60 anni anche a dimostrazione dell’elevamento dell’età media degli addetti nel settore.

L’80% dei partecipanti ha un ruolo commerciale. C’è da notare che, in Sicilia, ruoli di ufficio centrale ne esistono pochi per l’altro problema cogente dello spostamento delle direzioni generali verso il nord.

Per gli inquadramenti, ripartizione quasi alla pari delle risposte tra quadri direttivi (53% circa) ed appartenenti alle aree professionali (47% circa).

Hanno dichiarato di lavorare di più da casa il 61% e, nonostante disagi, mancanza di diritto alla disconnessione ed altre limitazioni, oltre il 65% continuerebbe a lavorare da casa.

Prima di leggere il nostro comunicato ti era chiara la definizione di smart
working?
Inquadramento
Genere
Ritieni di aver lavorato più che in ufficio?
(gestione pause e tempi di lavoro, richieste di lavoro al di fuori degli orari contrattuali)
Ruolo Aziendale

Giuseppe Gargano, Segretario Generale Uilca Sicilia,  ha così commentato i dati: Probabilmente una nuova regolamentazione della materia farebbe più felici tutti.

Vogliamo, innanzitutto, ringraziare le lavoratrici ed i lavoratori che hanno aderito numerosi alla iniziativa della UILCA Sicilia. L’importante numero di questionari pervenuti conferma che abbiamo toccato un argomento rispetto al quale, nel nostro settore, emerge una forte sensibilità. Le riflessioni politiche sull’esito dell’indagine non potranno prescindere da alcuni dati molto significativi. 1. Circa il 61% ha dichiarato di lavorare più che nella normalità dei tempi di lavoro in presenza fisica, e ciò confligge con le regole sulla disconnessione stabilite nel nuovo CCNL dei bancari. 2. Il risparmio delle aziende non è esattamente coincidente con i costi sostenuti dalle lavoratrici e dei lavoratori, ma è certamente superiore. Una “restituzione” dei risparmi aziendali a chi ha sostenuto costi o disagi ed a chi opera in prima linea non ci sembrerebbe scandalosa ed anzi la riterremmo un “atto dovuto”. 3. Nonostante i costi sostenuti ed alcuni disagi, circa il 65% continuerebbe a prestare l’attività lavorativa in “home working emergenziale”.  – Tali dati confermano l’esigenza di realizzare un impianto di norme, con l’auspicio che  possa essere soltanto transitorio e che  la pandemia diventi presto solo un ricordo, capaci di dare regole precise, omogenee ed univoche nel settore al fine di contrastare la deregulation normativa riscontrata.

Hai utilizzato supporti o servizi personali ed hai sostenuto dei costi?
(ad esempio, linea telefonica, PC personale, climatizzazione)
Tale modalità di lavoro ha determinato cambiamenti nella tua vita relazionale o
problemi di salute?
Hai riscontrato l’insofferenza dei capi servizio o dei colleghi ed una scarsa
considerazione di tale modalità lavorativa?
Temi un allontanamento definitivo dal luogo di lavoro?
Continueresti a lavorare da casa nonostante le criticità evidenziate?
Complessivamente ritieni maggiori i costi/disagi o i
risparmi/benefici?

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