In Sicilia i costi del malaffare ammontano a 1,2 mld di euro (500 mln con l’abusivismo commerciale, 200 mln nella ristorazione, 150 mln per la contraffazione, 100 mln per il taccheggio, ed altre voci per 250 mln). L’usura è indicata in aumento dal 31% delle imprese.
Il primo sintomo del malessere è rappresentato dal tasso negativo dei dati di Infocamere di fine 2022 con -10,40% di nuove iscrizioni e con +26,28% di cessazioni.
Nell’isola, nel 2022, con oltre 20.000 unità commerciali in meno rispetto al 2021, sono spariti, mediamente, due negozi ogni ora.
La crisi post pandemia, il rincaro dei costi energetici dovuto alla guerra in Ucraina, l’aumento dell’inflazione che ha portato ad un aumento del costo della vita e del costo del denaro, hanno prodotto un’alta esposizione delle imprese e delle famiglie col sistema finanziario inducendo molti imprenditori a chiudere le attività, soprattutto quelle commerciali ed artigianali. Questi soggetti sono diventati potenziali clienti degli usurai.
La carenza di sicurezza sociale, la carenza di infrastrutture ferme a decenni fa, hanno aumentato anche il numero delle industrie che se ne vanno o che chiudono battenti poiché non riescono ad essere competitive rispetto ad altre sul territorio nazionale a causa di una stagnazione antica dell’economia a cui politica ed istituzioni non hanno saputo porre rimedio.
Questi i dati che rappresentano una fotografia a tinte scure del sistema economico siciliano.
Le aziende si trovano chiusi i rubinetti del credito per vari motivi come la scarsa competitività, le scarse prospettive di crescita e la mancanza di accesso diretto alle banche per l’assenza di queste ultime sul territorio.
Le banche mantengono soltanto i presidi necessari ad operare, soprattutto, la raccolta, ma tendono ad abbandonare il territorio mentre le piccole imprese e le famiglie avrebbero bisogno di uno sportello bancario locale anche in ragione della carenza di infrastrutture tecnologiche. Uno sportello cui rivolgersi fisicamente.
La digitalizzazione sta facendo fare un balzo in avanti alle aziende di credito, senza passare per una transizione operativa più soffice per gli utenti siti in comunità che non hanno neanche possibilità di connettersi in rete per utilizzare i servizi bancari o che non hanno idea di come fare, vedi gli anziani.
È venuta meno la funzione sociale delle banche poiché prevale sempre più la logica del profitto a breve e della produttività al massimo.
Sull’importanza della presenza delle banche nei piccoli centri si è espresso anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto all’assemblea di Federcasse del luglio scorso. A proposito della presenza capillare delle BCC sul territorio ha detto: “Ancora oggi, le banche cooperative svolgono una funzione economica e sociale nel solco della Costituzione perché, in 723 Comuni, i cittadini hanno come unica presenza bancaria, una banca cooperativa e un terzo dei loro sportelli è collocato in Comuni delle aree cosiddette interne”.
Secondo Fulvio Furlan, segretario Generale Uilca, questo apprezzamento per il ruolo del credito cooperativo nei territori da parte di Mattarella, accende un faro sul problema della desertificazione bancaria che la Uilca sta denunciando e tentando di frenare da tempo anche grazie alla campagna “Chiusura filiali? No grazie”.
In Sicilia a metà novembre, la Uilca, con il camper della Segreteria Nazionale, incontra amministratori, politici, imprenditori e cittadini ed ascolta questi ultimi tramite un sondaggio, con lo scopo di sensibilizzare le istituzioni competenti e mettere in atto iniziative volte ad arginare questo fenomeno che è sempre più devastante per i nostri territori.
In Italia, 352 mila cittadini e 18 mila imprese risiedono e operano in piccoli centri dove è in atto, appunto, il fenomeno della desertificazione bancaria e sono, quindi, a rischio.
Secondo un report del Centro Studi Uilca “Orietta Guerra”, in Italia, dal 2018 al 2022 gli sportelli bancari sono diminuiti del 17,4% (-4.423). I comuni serviti da banche sono scesi del 10,9% (-583). La tendenza negativa coinvolge anche l’aspetto occupazionale: 14.020 dipendenti in meno nel settore (-5%).
Sempre dai dati del Centro Studi “Orietta Guerra”, in Sicilia, nello stesso periodo, viene confermata questa tendenza delle banche ad abbandonare i piccoli centri: -13,3% di sportelli bancari e -13,2% di dipendenti.
Da questo studio si evince anche che, a dicembre 2022, i comuni senza uno sportello, in Sicilia, erano 138 su un totale di 391 (35%) e che dal 2018 al 2022, 37 nuovi comuni sono rimasti senza uno sportello bancario.
In provincia di Messina 68 comuni senza banca. Il 62%
In provincia di Palermo 26 comuni senza banca. Il 31%
In provincia di Agrigento 13 comuni senza banca. Il 30%
In provincia di Catania 13 comuni senza banca. Il 26%
In provincia di Enna 5 comuni senza banca. Il 25%
In provincia di Siracusa 4 comuni senza banca. Il 19%
In provincia di Caltanissetta 4 comuni senza banca. Il 18%
In provincia di Trapani 4 comuni senza banca. Il 16%
In provincia di Ragusa 1 comune senza banca. L’8%