Non è soltanto lavorare in spazi esterni all’azienda. Secondo il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

Il fenomeno non interessa soltanto la conciliazione dei tempi privati e di lavoro:

Per l’osservatorio “smart working” del Politecnico di Milano (11 ottobre 2017), nelle aziende che applicano progetti di smart working ben organizzati, la produttività pro capite aumenta del 15%.

In Italia ci sono 5 milioni di potenziali “smart worker” ma attualmente sono “soltanto” 305 mila; prevedendo un incremento fino al 70% dei possibili lavoratori flessibili, l’aumento di produttività a livello sistema sarebbe di 13,7 miliardi di euro l’anno.

I lavoratori interessati ridurrebbero la propria mobilità di 40 ore all’anno con una sola giornata a settimana di smart working non muovendosi da casa ed ottenendo anche una sensibile riduzione di emissioni di CO2 pari a 135 kg anno.

In Italia la tipologia di lavoro è stata normata dalla legge n. 81/17 che, nell’ambito del jobs act, prevede per questa tipologia di lavoratori le stesse condizioni economiche e assicurative previste per gli impiegati che operano in ufficio.

Le banche hanno scoperto già da tempo tale possibilità e molte aziende attuano questa organizzazione attraverso l’applicazione di accordi sindacali di II livello. Tra i più importanti quelli sottoscritti da UBI Banca, Banca Intesa, Unicredit e Crédit Agricole.