Il 10 novembre in tutta Italia è prevista la manifestazione nazionale contro il DDL Pillon, voluta dalla Uil e dalla Cgil insieme alle maggiori associazioni antiviolenza. In Sicilia la manifestazione si terrà a Palermo dove un corteo partirà alle ore 15:30 da Piazza Croci per proseguire fino a Piazza Massimo. Il discusso disegno di legge, che prende il nome dal ministro leghista che lo ha proposto, vuole rivedere alcuni emendamenti del diritto di famiglia, in particolare l’affido, il mantenimento diretto e la bigenitorialità.

Uno dei punti cardine del disegno di legge Pillon è l’introduzione della mediazione familiare obbligatoria. L’articolo 7 stabilisce il ricorso obbligatorio a un mediatore per le coppie con figli che decidono di separarsi, che li aiuti a trovare un accordo nell’interesse dei minori. “Il primo incontro sarà gratuito, gli altri invece saranno a pagamento sulla base di tariffe stabilite dal Ministero della Giustizia.” 

In particolare le associazioni e le parti sociali accusano il disegno di legge di non tutelare le donne in difficoltà o vittime di violenza e i loro figli, riportando il diritto di famiglia indietro di qualche decennio.

(Fonte foto ilfattoquotidiano.it)

Il disegno di legge prevede infatti che anche il genitore assegnatario della casa coniugale, in presenza di figli minori, debba corrispondere all’altro coniuge “un indennizzo pari al canone di locazione computato sulla base dei concorrenti prezzi di mercato” scoraggiando quindi le separazioni nei casi dove sono presenti abusi e violenze.

Anche la rete si è mobilitata, raccogliendo oltre 99.000 firme con petizioni lanciate da varie associazioni nelle quali si sostiene che il disegno “Ignora il persistente squilibrio di potere e di accesso alle risorse proponendo un’equiparazione tra i genitori, il doppio domicilio dei minori, l’eliminazione dell’assegno di mantenimento e dando per scontate disponibilità economiche molto spesso impossibili da garantire per le donne in un paese con elevatissimi tassi di disoccupazione femminile, dove è ancora presente il gap salariale, che continua ad espellere dal mercato del lavoro le madri, ne penalizza la carriera e garantisce sempre meno servizi in grado di conciliare le scelte genitoriali con quelle professionali, mentre scarica i crescenti tagli al welfare sulle donne schiacciate dai compiti di cura.”